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I grillini nudi, senza il totem dell’onestà

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La riservatezza, l’ipocrisia, il compromesso. Da un lato. E dall’altro l’ambizione, il potere, la forza. Ora, si provi a far politica eliminando tutto questo: rinunciando alle ambizioni degli uomini, all’uso (legittimo) della forza, alla gestione del potere. Ma anche alla necessaria riservatezza che protegge ogni forma di accordo o di mediazione, all’ipocrisia spesso necessaria per cucire i rapporti, salvare le apparenze, lavorare in squadra. E infine ai compromessi su principi o valori chiamati a confrontarsi con la realtà sempre prosaica del mondo. I Cinquestelle hanno pensato forse che fosse possibile qualcosa del genere, qualcosa che ovviamente ha i contorni ideali della purezza, dell’onestà, della sincerità ma che purtroppo non ha, non riesce ad avere la forma della politica.

Ora succede che la sindaca Virginia Raggi ha mentito, o forse ha solo omesso di dire (distinzione ipocrita quant’altre mai), che l’assessore Muraro ha taciuto, poi ammesso a bassissima voce (altra ipocrisia), quindi smentito o precisato o corretto. Succede che uno, Di Maio, diserta l’appuntamento televisivo, e l’altro, Di Battista, diserta la manifestazione pubblica. Succede infine che il Movimento che aveva fatto della trasparenza, dello streaming, della partecipazione online una bandiera, di colpoammutolisca: Grillo non dice nulla (al più lascia filtrare: ipocrita), Davide Casaleggio è inavvicinabile, e nulla compare sui blog e le bacheche dei leader del movimento.

Una punizione, una forma di contrappasso che neanche Dante Alighieri avrebbe saputo immaginare così dura, rapida e perfetta. Il fatto è che, privatisi di strumenti essenziali alla vita politica, rimasti solo con il grido: “Onestà! Onestà!” strozzato in gola, i grillini non sanno come venirne fuori. Che vuol dire, ben al di là della crisi in corso, come salvare un’ideologia totalmente impolitica ed esercitare insieme la responsabilità politica, che i romani hanno pur sempre conferito loro alle elezioniamministrative, cartina di tornasole di ogni futura prova di governo.

Le due cose non stanno insieme, e non perché la politica è inguaribilmente corrotta, marcia, irredimibile. Al contrario: proprio l’aver pensato che la politica fosse inguaribilmente corrotta marcia e irredimibile li ha costretti a rifiutarne completamente la forma. In termini psicanalitici, si direbbe che i grillini hanno qualche problema con il principio di realtà. Di qui i narcisismi e, ora, gli isterismi.

Parliamoci chiaro, infatti: quello che è successo a Roma è nulla, o quasi. E invece rischia di affossare tutto, e di sommergere tutto: un assessore, una giunta, un Movimento. C’è un nuovo assessore al bilancio scelto dalla sindaca sentendo non organi di partito (esistono?) mauna persona amica, di cui si fida. E c’è un’indagine in corso a carico di un altro assessore, indagine che è solo agli inizi, di cui si sa molto poco, e che peraltro interessa una materia assai controversa, in cui si mescolano interessi e lotte di potere. Quisquilie. Pinzillacchere. In qualunque parte del mondo, un sindaco e il suo partito saprebbero come attutire l’impatto di queste piccole grane, e troverebbero il modo di affrontare politicamente anche i contrasti interni al Movimento (“raggio magico”contro mini-direttorio romano). Invece per i Cinquestelle diventano due patate bollenti impossibili da maneggiare. Se ora uno domandasse per esempio, a un cittadino della Capitale: “vuoi la soluzione dei problemi finanziari della città e del problema dei rifiuti, anche se il costo èqualche compromesso con i poteri reali, maniere un po’ più spicce e la testa di questo o quell’esponente politico?”, non vi è dubbio che la risposta sarebbe: “fate pure le vostre lotte, ma datemi una città risanata”. Ma il guaio è che i grillini non sono in condizione di porre quella domanda né esplicitamente né implicitamente (e ovviamente si dovrà vedere – se si potrà vedere – cosa sapranno fare), cioè non sono in condizione di fare politica. Continuano a pensare che basti l’onestà, e sono anche disponibili a considerare indispensabile la competenza, per cui si sforzano di trovare ed esibire come uno scalpo le competenze tecniche conquistate alla causa (vedi il ricorso ai magistrati), ma non sono disponibili a confessare, anzitutto a se stessi, che in politica è in gioco ben altro. Non sanno, non vogliono sapere, che la politica è una di quelle dimensioni che sul cammino della civiltà gli uomini hanno costruito per spostare su mete socialmente condivise una certa quota di aggressività primaria, ineliminabile ma per fortuna regolabile. A condizione ovviamente, di riconoscerla, invece di negarla come struzzi.

Si chiama sublimazione. E in certo modo un meccanismo simile c’è persino nella Bibbia, se è vero che la colpa di Adamo fu felice, perché diede origine alla storia della salvezza. Vale a dire: qualcosa di non propriamente commendevole è potuta servire a maggior gloria di Dio. Ma i Cinquestelle sono oltre la Bibbia: non accettano nulla che sia meno che commendevole,  tracciano una linea che impedisce loro di pareggiare, compensare o mediare. E alla fine impedirà anche di agire politicamente.

(Il Mattino, 7 settembre 2016)