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Consip, le fughe di notizie fanno una matrioska

fuga

 

L’ultima è l’indagine della Procura di Napoli per rivelazione di segreto d’ufficio, in relazione alla pubblicazione del libro di Marco Lillo sul caso Consip, uscito nelle scorse settimane. Comincia ad essere difficile tenere il conto di tutte queste fughe di notizie. Ma è un fatto che i rivoli lungo i quali è continuata a scorrere la materia dell’inchiesta si sono moltiplicati nel tempo, e l’acqua arriva ormai da tutte le parti, e quando stai per dire: ecco, adesso smette, non fai in tempo ad aprire bocca che l’acqua torna con violenza. Non è la malacqua che inonda Napoli nel bellissimo romanzo di Nicola Pugliese, ma è l’acqua che attorno a questo caso non ha mai spesso di venir giù, e che per la prima volta spinge la Procura napoletana a cercare di trovare il rubinetto che perde: è una notizia anche questa. Una prima volta. Che purtroppo fotografa ancora una volta una situazione confusa, complicata, tesa, in cui si trova ormai da mesi il Palazzo di Giustizia partenopeo, secondo alcuni divisa in partiti, con riflessi inevitabili sulla complessiva efficienza ed efficacia della sua azione, secondo altri semplicemente costretta ad un’affannosa rincorsa degli eventi, la cui gravità è, peraltro, difficile sovrastimare. E intanto sono giorni centoquarantanove che si attende un nuovo Capo dell’Ufficio.

L’ultima fuga di notizie riguarda l’informativa riservata di mille e passa pagine del 9 gennaio scorso stesa dal Noe (il nucleo dei carabinieri a cui il Pm Woodcock aveva affidato le indagini su Consip), informativa che secondo gli avvocati dell’imprenditore Romeo starebbe al centro della ricostruzione giornalistica offerta da Lillo nel suo recentissimo instant book. Ma prima c’è stata la fuga di notizie che permise a Marco Lillo, nello scorso dicembre, di firmare lo scoop sul caso Consip, dando la notizia di un possibile coinvolgimento del padre di Matteo Renzi, Tiziano, prima ancora che questi venisse raggiunto da un avviso di garanzia. La fuga di notizie di dicembre ne rivelava a sua volta un’altra: quella che aveva permesso all’amministratore delegato di Consip, Marroni, di bonificare il suo ufficio, e per la quale è finito sotto inchiesta, fra gli altri, il ministro Luca Lotti. Ma grazie a un’altra fuga di notizie noi sappiamo che dalle parti di quella stessa Procura che indagava sulla fuga di notizie denunciata da Marco Lillo (sulla base, come s’è detto, di una fuga di notizie che gli permetteva di fare lo scoop, e di portare il caso alla ribalta nazionale), cioè dall’iniziativa del capitano Scafarto di informare i servizi, già nello scorso agosto, potrebbe essere venuto l’innesco della fuga di notizie arrivata fino all’orecchio di Marroni, che ebbe il non trascurabile effetto collaterale di estendere il raggio dell’inchiesta fino ai piani alti della politica nazionale, messi a rumore dalle notizie incontrollate che giungevano da Napoli.

Qui finisce, per ora, la matrioska delle fughe di notizie e comincia invece quella delle imprese del capitano Scafarto (che questa volta non seguiremo nel dettaglio: ne facciamo grazia al lettore), responsabile di gravi manipolazioni nelle carte dell’inchiesta. E comincia pure il capitolo dei contrasti fra la Procura di Napoli e quella di Roma, reso pubblico – ad onta dei comunicati ufficiali – con la revoca delle indagini al Noe, subito dopo il trasferimento di competenze nella Capitale, e culminato pochi giorni fa nell’avviso di garanzia al Pm napoletano Woodcock (per la fuga di notizie di dicembre).

Ottimo e abbondante, diceva del rancio un ruffianissimo Sordi ne «La grande guerra». E invece è uno schifo, rispondeva burbero il generale: niente grassi e poca pasta, una sciacquatura di marmitte. Poi però il generale, lontano dalle truppe, ammetteva che meglio di così quella brodaglia proprio non la si poteva fare, e che aveva inteso dare solo un contentino alle truppe.

Ecco: decida il Csm, che oggi dovrebbe provare a trovare un’intesa sul nome del nuovo capo della Procura, se tutta la malacqua che in questi mesi si è continuata a riversare sui giornali merita di essere considerata ottima e abbondante, o se invece non sia uno schifo. Ma soprattutto decida se davvero non si possa fare nulla, e se lasciare la Procura di Napoli senza una guida per i prossimi mesi sia accettabile, in una situazione del genere. Una situazione che richiederebbe il massimo di tranquillità, di unità, di compattezza, e che invece vede aprirsi continuamente nuove falle. Non mancheranno certamente le voci che daranno all’opinione pubblica piena garanzia che il lavoro procede in maniera serena, ordinata e regolare, e non vogliamo affatto dubitarne. Non possiamo però non augurarci che si vada oltre le assicurazioni di rito, si trovi il modo di superare l’impasse che impedisce al Csm di arrivare a una nomina, e alla Procura più grande d’Italia, ricca di altissime professionalità e di grandi competenze e capacità,  la possibilità di ripartire con il piede giusto.

(Il Mattino, 6 luglio 2017)