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Il futuro della natura umana

La lingua greca, con cui è formata grande parte del lessico politico che ancora oggi usiamo, distingueva fra la zoè e il bíos: con il primo termine indicava la vita nel suo senso ancora non differenziato, che coinvolge tutti gli esseri viventi; con il secondo, indicava invece forme di vita proprie di una determinata specie, che nel caso della specie umana possono essere diverse (mentre una e sempre la stessa è la forma di vita propria di ciascuna specie animale). Proprio la distanza tra un piano e l’altro consentiva la posizione del problema politico: che concerneva, per Aristotele, l’insieme delle scelte situate non semplicemente sul piano del vivere, ma del vivere bene, della buona vita. L’una e l’altra dimensione appartengono alla physis dell’uomo, cioè alla sua natura, ma solo la seconda sollevava per Aristotele problemi politici, poiché investiva la dimensione eminentemente pratica della decisione.
Una caratteristica puramente formale di questo modello di comprensione dello spazio politico si ritrova anche negli autori moderni, per i quali la determinazione rigorosa di condizioni e leggi dello stato civile comporta anzitutto l’uscita dallo stato di natura: richiede cioè – da Hobbes a Locke, da Kant a Marx – una distanza e uno scarto rispetto ad una dimensione naturale pre-politica, dalla quale, per l’appunto, si esce. Pensare la politica significa pensarla a partire da una simile soglia. Benché tutto o quasi sia cambiato nel passaggio dall’orizzonte classico a quello moderno, quello che viene comunque mantenuto in un caso e nell’altro è l’idea che lo spazio della politica non coincide con quello vitale o naturale, ma si situa a una certa distanza da esso. Quello spazio si staglia perciò su uno sfondo non modificabile di natura che mette l’uomo in comunicazione non solo, in basso, con la natura animale e la natura in generale, ma anche, in alto, con potenze religiose trascendenti l’ordine politico. È quindi inevitabile che queste potenze si sentano chiamate in causa dai movimenti contemporanei di riconfigurazione della soglia della politicità umana, e più specificamente dal fatto che lo sfondo naturale non stia più affatto sullo sfondo, essendo ormai venuto in superficie per divenire oggetto di interventi sulla vita sempre più profondi e invasivi. Qui c’è dunque un punto di domanda: è infatti del tutto ovvio che una così estesa ‘mobilitazione’, capace di coinvolgere il mondo intero e la sua ‘base’ naturale, solleciti anzitutto, nel pensiero religioso, analisi preoccupate, le quali si assumono spesso l’onere di segnalare il bisogno di istanze compensatrici, capaci di controbilanciare la spinta relativistica e nichilistica che sarebbe propria della modernità: capaci insomma di integrare tutto quello che appartiene alla mera "ragione del potere e del fare", alla ragione strumentale e calcolante che nell’enciclica Spe salvi viene indicata da Benedetto XVI come carente non solo rispetto alla fede, ma anche rispetto a un concetto (opportunamente ‘allargato’) di razionalità. Non è difficile ravvisare, in questo genere di interpretazione diagnostica del tempo presente, i tratti caratteristici di un pensiero conservatore tradizionalmente diffidente nei confronti della modernità, e troppo fiducioso in risorse metafisiche che la filosofia contemporanea ha da tempo posto in crisi. Ciò nondimeno, resta il punto, e cioè se le categorie politiche moderne siano ancora in grado di assicurare intellegibilità al proprio oggetto, e soprattutto, se siano ancora in grado di legittimare decisioni politiche fondamentali negli inediti ambiti nei quali devono oggi essere assunte.

(M. Adinolfi – D’Attorre, Introduzione a Aa. Vv., Religione e democrazia, Roma 2009)

Venerdì 22 maggio

10.00-13.00    “La filosofia e lo statuto del vivente”
                      intervengono: Giulio Giorello, Carlo Sini

15.00-17.00    “L’etica, la medicina e lo Stato”
                      intervengono: Piergiorgio Donatelli, Ignazio R. Marino, 
                      Adriano Pessina

17.30-19.30     “Diritto, vita e proprietà”
                      intervengono: Francesco De Sanctis, Eligio Resta

Sabato 23 maggio

11.00-13.30    “L’uomo e la tecnica”
                      intervengono: Emanuele Severino, Mons. Pierangelo Sequeri, 
                      Aldo Schiavone

16.00-19.00   “Natura umana e homo oeconomicus”
                      intervengono: Laura Bazzicalupo, Alberto Moreiras, 
                      Alessandro Pizzorno

Domenica 24 maggio

10.00-13.00    Tavola rotonda “La politica e le trasformazioni dell’umano”
                     modera: Giancarlo Bosetti
                     intervengono: Rocco Buttiglione, Massimo D’Alema, Avishai Margalit 

 (a Marina di Camerota, la II Summer School della Fondazione Italianieuropei)

Un labirinto senza pareti

"…Nella sua riflessione, dopo avere detto che non è facile stabilire quando la vita umana, in quanto umana, nasce e finisce, il cardinal Martini ragiona su ciò che significa vita sulla base degli usi della parola, sia genericamente linguistici che propriamente scritturistici".

Il titolo, su un motivo di Gino Paoli, è opera del Direttore (col che non sto prendendo le distanze: ho aderito anzi entusiasticamente). Il resto, più che opera mia, è opera di Giuliano Ferrara. Chi vuol dunque sapere cosa di Martini pensi Ferrara, e cosa io, trova tutto su Left Wing.