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Il comico Grillo tradisce la libertà di Internet

«Il dissenso non è concepito all’interno del Movimento. Paradossalmente i partiti, con tutti i disastri che hanno arrecato a questo Paese, sono più controllabili dai cittadini di quanto lo siano Grillo e Casaleggio».
Sono le parole di Federica Salsi, fresca di espulsione dal Movimento 5 Stelle, insieme a Giovanni Favia. Stavano sulle palle, come ha avuto l’amabilità di spiegare Grillo sul suo blog. Siccome infatti nel movimento nessuno può mettere in dubbio che il comico genovese sia un fior di democratico, i due sfrontati che hanno osato farlo sono stati (democraticamente, suppongo, ma senza formalità, perché il Movimento non le prevede) messi alla porta. La compattezza, anzi la purezza del Movimento è salva.
L’unica cosa che non torna nella dichiarazione della Salsi è, tuttavia, l’avverbio: dove sarebbe il paradosso? Non c’è nulla di paradossale nel fatto che i partiti, capaci di disputare congressi, di svolgere primarie – e, da ultimo, come nel caso del Pd, di indire le primarie per la scelta dei parlamentari su una base elettorale trenta volte più ampia delle cosiddette parlamentarie di Grillo – siano più controllabili del duo delle meraviglie Grillo-Casaleggio. Il paradosso, se mai, è un altro. È che il movimento (non partito: non sia mai!) che predica apertura, trasparenza, partecipazione, democrazia diretta e non so più quale altra preziosissima virtù politica, si stia rivelando il più impermeabile alle ragioni del dissenso, alle divergenze di opinioni, alla formazione non si dirà di minoranze o opposizioni interne, ma anche solo di critiche o lievi dissapori. Non ce ne possono essere, non ce ne debbono essere e non ce ne sono: previa espulsione.
Ma, a pensarci, c’è ancora un altro, più singolare paradosso. Che tutto questo avviene non nelle pieghe di qualche imbroglio regolamentare o statutario (il movimento non ha uno statuto: evidentemente ha solo il Verbo), non nelle antiquate sezioni di partito, non in novecenteschi congressi, ma nel luogo principe dell’intelligenza collettiva, in Rete, terra promessa dell’accesso libero, negli spazi cioè in cui ogni giorno proliferano nuove forme di aggregazione e di comunicazione, nel medium che i grillini vogliono consacrare alla diffusione illimitata della conoscenza, nel paradiso della condivisione. È lì che ieri pomeriggio, in un boxino di spalle all’ennesimo, torrenziale comunicato con il quale Grillo smaschera ogni giorno le malefatte altrui, in poche righe si augurava simpaticamente buon lavoro a Salsi e Favia. Buon lavoro, e fuori dalle palle.
E la comunicazione molti-a-molti tipica delle reti digitali? Sarà per un’altra volta. E la compartecipazione delle informazioni, la trasparenza? Non pervenute neanche quelle. E l’invito rivolto da Grillo, qualche tempo fa, a spedire a Wikileaks qualunque documento riservato possa far luce sui mille misteri d’Italia, con tanto di istruzioni per l’invio? Al diavolo la coerenzA.  E forse sarà effettivamente Wikileaks a diffondere tutti i dati delle parlamentarie del Movimento 5 stelle, visto che al momento non è dato sapere quasi nulla su come siano andate le cose. A meno che, infatti, non vi fidiate del Verbo e dei suoi comunicati online, resterete delusi. I risultati sono quelli diramati, e stop. Cittadini elettori: state contenti al quia, e più non dimandate. Che è la forma elegante, dantesca, del non rompete i maroni praticata da Grillo.
Insomma, la Rete è divenuta, nelle sapienti mani di Beppe Grillo, la forma ipermoderna dell’ipse dixit di antichissima memoria., e Grillo parla ormai come un maestro di sapienza dell’Antica Grecia, anche se lo fa ticchettando su una tastiera o sbraitando davanti a una webcam. Come Pitagora, che si diceva avesse una coscia d’oro e si rivolgeva ai suoi iniziati parlando da dietro una tenda, così Grillo, coscia o non coscia, se ne sta dietro lo schermo, dove si tiene stretti tutti i dati delle votazioni (e il controllo del Movimento). Pitagora non aveva il copyright del teorema che pure porta il suo nome, Grillo invece del logo ce l’ha, e come!, e sa farlo valere. Così predica l’apertura e pratica la chiusura, diffonde contenuti in maniera virale ma si immunizza dal dissenso, esalta l’orizzontalità della Rete, ma tiene rigorosamente verticale il bastone del comando. Ci faccia almeno il piacere di non agitarlo, sempre – s’intende – in nome della democrazia.
Il Mattino, 13 dicembre 2012