Archivi tag: scienza – articoli

Le teste cadono

L’ultimo episodio di intolleranza. Cadono le teste dei filosofi che hanno creduto possibile un dialogo tra scienza e fede.

Decolli

"il nostro pensiero si rivolge al modo in cui i risultati delle scoperte della ricerca scientifica e tecnologica sono stati talvolta applicati. Nonostante gli enormi benefici che l’umanità può trarne, alcuni aspetti di tale applicazione rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale. Allo stesso modo, l’azione internazionale volta a preservare l’ambiente e a proteggere le varie forme di vita sulla terra non deve garantire soltanto un uso razionale della tecnologia e della scienza, ma deve anche riscoprire l’autentica immagine della creazione. Questo non richiede mai una scelta da farsi tra scienza ed etica: piuttosto si tratta di adottare un metodo scientifico che sia veramente rispettoso degli imperativi etici".

Non sono sicuro di comprendere bene il significato di questo passaggio del discorso che Papa Benedetto XVI, decollato da Roma e atterrato a New York, ha tenuto a Palazzo di Vetro. Il Papa dice: non solo "un uso razionale della tecnologia e della scienza, ma anche la riscoperta dell’autentica immagine della creazione". Non si tratta di scegliere tra scienza ed etica, il che credo significhi che non si tratta solo di non proseguire nella ricerca scientifica o forse di arrestarsi nell’applicazione delle scoperte della ricerca scientifica per motivi etici, ma proprio di un metodo scientifico-etico (non so come dire), che incorpori dentro di sé imperativi etici, come se cioè la violazione di quegli imperativi comportasse una violazione dello stesso metodo scientifico. In base alla corrente idea di metodo scientifico, la faccenda è complicata assai. Ma Papa Benedetto XVI non auspica solo che dinanzi a risultati, scoperte e applicazioni ci si fermi, e ci si chieda se il loro uso sia razionale, chiede proprio un altro metodo, un’altra scienza, un’altra episteme, qualcosa che tenga insieme e incolli nuovamente tra loro scienza ed etica. Le quali naturalmente non sarebbero più la scienza e l’etica qual sono ora che si sono scollate, ma sarebbero ricomprese in qualcosa che, non essendo più né scienza né etica, potrebbe essere – per dirla con un’antica parola – filosofia.

Il guaio è che manca la colla: quella filosofia non esiste più, è stata decollata, né prende a esistere perché ci piacerebbe. (Non esiste più, però capisco che invece per il Papa esista sempre).

Dopamina per tutti

Perché le scienze cognitive applicate alla morale costituirebbero un settore chiave? Chiave per aprire che cosa? Leggo (grazie al blog) che fra qualche anno potremmo avere qualche elemento in più per sapere se abbia ragione Dennett, per il quale la religione passerà di moda, oppure Gray, per il quale è come il sesso: un bisogno fondamentale che di moda non passerà. Spero proprio che sia qualche anno, e non qualche decennio o secolo, perché mi farebbe piacere conoscere la risposta, anche se dubito molto che le scienze cognitive applicate alla morale potranno darmela.

O forse potranno. Chissà. Però mi domando: si considera che sia un problema empirico o concettuale la questione di sapere che cosa significa che queste e queste altre sono le basi fisiologiche del bisogno di religiosità? Si considera che v’è chi neghi (e che perciò vada dimostrato) che quando il credente si trova nella disposizione della credenza (qualunque cosa ciò significhi) nel suo cervello accade qualcosa? E posto che si dimostri che quel che accade nel cervello non è gran che e può non accadere per questi e questi altri motivi (biologici, chimici, farmacologici o chissà cos’altro), si sarà davvero con ciò dimostrato che la religione è solo una moda, un fenomeno culturale passeggero? Ma posto che si nutrano simili considerazioni, sono esse scientifiche? Lo sono secondo quale idea di scientificità? D’accordo: meno ideologia e più scientificità. Ma è ideologico o scientifca la determinazione del senso dei risultati scientifici? Posto infine che si dimostri che alla base della credenza religiosa c’è un sacco di dopamina, e che invece chi di dopamina non ne ha neanche una goccia è ‘naturale’ che non creda, si sarà compreso cosa, precisamente? (E chi impedirà o consentirà al futuro Ratzinger – Ratzinger no, facciamo Luca Volonté – di chiedere la prescrizione della dopamina per legge?).

Mah.

La proposizione perfetta/5

"L’idea della scienza non è affatto un’idea scientifica. E’ un’idea filosofica e per niente scientifica"

(Le altre proposizioni perfette)

 

Come sarebbe perciò (e una quaternio terminorum)

"Basta leggere un libro di biologia o mettersi al microscopio per capire che ricerca scientifica e Vangelo non sono in contrapposizione": così Massimo Castagnola, docente di chimica e biochimica dell’Università Cattlica del Sacro Cuore di Roma, rassicura i lettori di Presenza, rivista della Cattolica di Milano, nell’ultimo numero (non online) dedicato alla visita del nuovo Papa.

Però è curioso: chissà come Castagnola immagina che sia fatta una contraddizione col (e nel) Vangelo, questo manuale di biologia e logica in uso presso antichi popoli mediterranei un po’ di anni fa. E chissà che uso fa del microscopio Castagnola, e cosa riesce a vedere grazie ad esso! Vede forse una molecola e pensa: no, questa non contraddice, vediamo quest’altra?

Notevole è pure questa affermazione: "La visione molecolare del mondo non potrà mai fornire una base razionale al logos". Che uno potrebbe dire con cattiveria: dunque questo logos è infondato! Oppure chiedersi perché Castagnola vuole una base razionale per il logos, visto che è come chiedere una base logica per il logos, o una base razionale per la ragione.

L’ultimo passo (della prima colonna, oltre non vado) è cucito con un ‘perciò’. Detto che la visione molecolare "non può dare risposte definitive o in qualche modo trasferibili a considerazioni trascendenti", Castagnola aggiunge: "Il ricercatore perciò non può manipolare il campione biologico utilizzando metodi che non rispettino la vita e la sua trascendenza". Perciò? Come sarebbe: perciò?

(Poi c’è un articolo di Galvan, docente di logica e filosofia della scienza alla Cattolica di Milano. Il quale dice che la scienza è aperta. E’ aperta perché ultimamente infondata (come qualunque impresa conoscitiva umana), è aperta perché lascia inspiegati i "problemi ontologici di fondo". L’una e l’altra cosa – aggiungo io per riassumere l’articolo – si vedono bene dal fatto che puoi sempre chiedere: ‘perché?’. Galvan conclude: "se la scienza è aperta, essa è anche disponibile a passare la mano alla filosofia per la discussione, aperta alla trascendenza, dei tradizionali temi concernenti l’origine metafisica del mondo e della soggettività". Figuratevi se io non son contento: la scienza passa la mano alla filosofia! Però: 1. lo scienziato che passa la mano può sempre aggiungere: la passo a te, filosofo, perché non si tratta più di sapere: fregato!; 2. Galvan dice "trascendenza", e con una sorta di quaternio terminorum, lascia intendere che quel che trascende la scienza è trascendente in senso religioso, metaempirico. E invece può essere trascendentale, o rescendente, o immanente o non so cosa).