L’arrivo a Napoli del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in occasione della riunione della cabina di regia su Bagnoli, non ha il significato di una visita soltanto rituale. L’opera di bonifica e rigenerazione urbana dell’area riparte infatti per impulso del governo. Dalla nomina del Commissario Nastasi ad oggi sono stati fatti passi avanti: i primi, dopo un periodo di immobilismo e inazione lungo un quarto di secolo. Bisognerà naturalmente che l’opinione pubblica segua anche i prossimi passi, perché nulla è scontato e tutto può fermarsi ancora una volta, ma il senso della giornata di oggi è chiaro, e Renzi ne ha parlato anche nella direzione del partito democratico di lunedì: sbloccare l’Italia, far ripartire le opere pubbliche, e – aggiungiamo pure – restituire un po’ di fiducia nella capacità della politica di misurarsi con i problemi reali del Paese.
Questa sfida assume una rilevanza ancora maggiore nel Mezzogiorno, dove c’è da recuperare un divario drammatico con il resto del Paese, divario che negli ultimi anni, anziché ridursi, è venuto allargandosi. E prende un significato ancora più determinato a Bagnoli: perché si tratta di un sito dalle straordinarie potenzialità, che può davvero rilanciare non solo l’immagine della città ma anche la sua vocazione turistica e culturale, e perché i venti e passa anni di inconcludenza hanno finito con il costituire un giudizio senza appello sulla classe dirigente partenopea, incapace di immaginare un nuovo futuro per Napoli oltre quella fabbrica e la sua storia, oltre la prima Repubblica e gli involutissimi conati della Seconda, e, in definitiva, finalmente ben oltre il Novecento.
L’enorme complesso industriale dell’Italsider non c’è più. Ma oltre la dismissione finora non c’è stato nulla.
Matteo Renzi ha l’intelligenza e anche l’astuzia di appropriarsi di quei luoghi che si trovano al crocevia fra il passato ed il futuro. Spazi vuoti che nessuno ha saputo riempire. Sono luoghi che gli consentono di ribadire una differenza, una distanza, una discontinuità: la cifra della sua avventura politica, dalla rottamazione in poi. Luoghi che esemplificano in maniera evidente il mantra renziano: così è stato in passato, adesso però non è più così. Ma per la città, non solo per Renzi, questa è davvero una notizia e una scommessa: vuol dire che anche per il governo, finalmente, Napoli può fare la differenza.
Al presidente del Consiglio, com’è giusto che sia, non si fanno sconti: tutto quello che è retorica, narrazione, comunicazione deve essere sottoposto al vaglio della critica e misurato sui fatti. Anche perché Renzi è bravo: sa effettivamente come lanciare un messaggio, come far passare un’idea. Ma anche da questo punto di vista non è affatto trascurabile che nella retorica del Presidente del Consiglio Napoli, e per estensione il Sud, non entrino più solo come le occasioni per esercitare il malcontento verso la politica, il malaffare, il clientelismo, la corruzione o la camorra. Vi entrano ora come il terreno sul quale mettersi alla prova: per indicare degli obiettivi e dimostrare di saperli (o non saperli) raggiungere. Si vedrà.
Finora, la storia di Bagnoli è stata una storia di fallimenti, più o meno clamorosi. E più o meno costosi. A questa lunga scia da ultimo ha dato il suo contributo l’attuale sindaco De Magistris. Che ha scelto, dopo aver sostanzialmente portato la società di gestione al fallimento, di trasformare Bagnoli in un terreno di scontro ideologico con il Presidente del Consiglio. Scontro frontale e irriducibile, che trasforma in simboli tutto ciò che tocca, e che così facendo rifiuta di fatto l’unico terreno sul quale ci si attende da un’amministrazione che operi: quello concreto, realistico ed effettivo della trasformazione urbana della città. Anche l’idea che ci sia qui un governo nazionale che scavalca bellamente i poteri locali funziona forse ai fini di una certa retorica democraticistica radicale, ma mostra ormai la corda, perché l’unica cosa che c’è da scavalcare è l’inazione di questi anni. Nella città più giovane d’Italia, c’è un’intera generazione che non ha mai visto Bagnoli com’era prima – prima di essere abbandonata, prima che i poteri pubblici smarrissero il filo nei meandri di un’endemica litigiosità: a questa generazione bisognerebbe solo spiegare ora che cosa se ne vuol fare. Cosa si vuole fare perché Bagnoli torni ad essere un luogo vivo, capace di generare lavoro, innovazione, ricchezza.
Tutto il resto sono chiacchiere. Non capire che si tratta di reinventare Napoli e il suo futuro, significa mancare l’unica rivoluzione che vale la pena di fare.
(Il Mattino, 6 aprile 2016)