La sinistra tra vecchie cordate e nuovi tweet

Acquisizione a schermo intero 10092014 133251.bmpL’introduzione delle primarie in Italia si deve al partito democratico. E tuttavia il partito democratico non ha ancora deciso che cosa le primarie siano: se una regola che il partito segue, e in quali circostanze, o invece uno strumento di lotta politica, e un modo per regolare i conti fra gruppi dirigenti del partito. Se infatti fossero una regola non potrebbero venire ogni volta in discussione, e invece puntualmente accade che la discussione si accenda furiosa, in particolare quando si abbandona il palcoscenico nazionale e si entra nella selva selvaggia ed aspra e forte delle primarie per i comuni, le province, le regioni. Le regionali 2015 in Campania non fanno eccezione: il Pd ignora ancora il se ed il quando. Il che però non toglie che alla decisione su come e se tenerle si cerchi di giungere da una parte o dall’altra attraverso comunicati, colpi di mano, iniziative più o meno estemporanee, dichiarazioni, posizionamenti, fughe di notizie: nulla del vasto repertorio della tattica politica ci viene risparmiato. Ma la situazione, dopo tutto, è abbastanza semplice. Il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, vuole fortissimamente le primarie, e fino a qualche tempo fa lasciava intendere che se non si facessero sarebbero pronto a candidarsi ugualmente: che è un modo ben strano per stare in un partito e attendere le decisioni dei suoi organi collegiali. Ma si sa: il personaggio è irruento. Una larga fetta del Pd, però, De Luca proprio non lo vuole, e lavora a opporgli l’europarlamentare Pina Picierno. La quale, dal canto suo, un po’ si schermisce e un po’ no, ma in realtà è pronta a scendere in campo, anzi in fonderia, a patto però che cali un’esplicita investitura dall’alto (cioè da Renzi). Ma al momento l’investitura non c’è, il che rende possibile immaginare altri nomi. Quello di Andrea Cozzolino, per esempio, che dovrebbe rompere gli indugi prima della kermesse di fine settembre convocata dai renziani, e sparigliare i giochi. O nomi che dovrebbe fare direttamente Roma: nomi autorevoli, indiscutibili, di quelli che costringono a rimettere le primarie (le regole?) nel cassetto. Per evitare che invece degli indugi si rompa per l’ennesima volta il Pd.

Tiriamo allora il fiato e ricominciamo. Però da un’altra parte. In tutto questo bailamme, infatti, non si riesce ancora a vedere quello che dovrebbe costruire il cuore della battaglia politica: una proposta, una visione, due o tre cose decisive sulle quali puntare, e le alleanze sociali e politiche da costruire per realizzarle. Il metodo e i tavoli, le commissioni e i tweet sono al centro del dibattito, ma di tutto il resto poco o nulla. Ad esempio, questo giornale ha denunciato in questi giorni che cosa significa oggi partorire a Napoli: non avere a disposizione strutture affidabili, che rispondano ai requisiti di legge e garantiscano nei reparti le condizioni operative che consentono di affrontare parti difficili, situazioni di emergenza. Che le cose vadano bene per le giovani mamme è quasi una scommessa: ce ne sarebbe, dunque, per parlare di sanità, della condizione della donna, delle diseguaglianze del paese. E per smuovere interessi consolidati che si incrostano sulla pelle dei cittadini. Ma niente: tutto tace.

Ancora: succede che si muoia accidentalmente, assurdamente, per paura o imperizia, e che un quartiere intero di una città sempre più divisa a pezzi metta in piazza tutto il proprio disagio, la propria disperazione, il senso di una condizione irredenta e irredimibile, senza alcuna speranza di riscatto sociale, solo rabbia e rassegnazione. Ma anche in questo caso nessuno riesce a metter su qualcosa che somigli a una proposta seria, effettiva, concreta. Qualcosa che assegni ancora alla politica un’interlocuzione reale con i cittadini. Niente: tutto tace.

E si potrebbe continuare: con Bagnoli, con i fondi europei, con le politiche di sviluppo. Ma a che serve fare l’elenco? Il fatto è che la politica nel Mezzogiorno non prova più a costruire. Quel che al massimo riesce a costruire sono cordate politico-clientelari, somme di micronotabili – come giustamente li ha chiamati Mauro Calise – che non fanno altro che contendersi il fiero pasto. E se non micronotabili, una sventagliata di micro-dichiarazioni via twitter. Che per l’amor di Dio: vanno benissimo, ci passi il pomeriggio rimbalzando da una battuta all’altra e da un link all’altro. Quel che però non riesce a passare, è la sensazione che tutto questo non faccia avanzare la politica campana di un solo passo.

(Il Mattino, 10 settembre 2014)

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