La fuga da Ap e le sette vite del Cavaliere

A Rauschenberg

R. Rauschenberg, Odalisk (1959)

Silvio che adotta tre cuccioli abbandonati. Silvio che beve una spremuta d’arancia da MacDonald. Silvio che sotto Pasqua si schiera in difesa degli agnellini, ne tiene uno in braccio, lo accarezza con sguardo mansueto e lo battezza Fiocco di Neve. Silvio che va a sorpresa al compleanno del figlio Piersilvio – cena in famiglia e foto su «Chi». Silvio che apre le porte di Villa Certosa per il compleanno della fidanzata Francesca Pascale – torta Disney di cinque piani e foto su tutti i giornali. Diciamo la verità: questo 2017, tra un’elezione in Europa e una in Italia, ci ha restituito un Berlusconi in grandissimo spolvero. Capace di parlare a tutti: ai proprietari di animali, agli appassionati di cartoni animati, agli amanti delle belle donne e agli amanti della famiglia, ai clienti dei fast food e specialmente a coloro – e sono ancora tanti, tantissimi, la stragrande maggioranza – che non sopportano il «teatrino della politica»: espressione che non per caso ha inventato lui e che dopo di lui hanno adottato un po’ tutti, in forme più arrabbiate (Grillo, Salvini), o più soft (Renzi).

Dopo quasi un quarto di secolo dalla sua prima discesa in campo, il Cavaliere riesce ancora a dare l’immagine di un uomo semplicemente prestato alla politica. Lui che aveva più di ogni altro impresso al sistema politico italiano i tratti di una democrazia maggioritaria, è stato il primo ed il più lesto ad adattarsi ai nuovi equilibri del proporzionale. Lui, ormai ottuagenario, riesce ancora a rilasciare interviste in cui si propone di interpretare la richiesta di cambiamento che sale dal paese. E in cui riesce a dipingere gli altri – gli altri, non lui – o come logori (Renzi), o come inaffidabili (Grillo), o come estremisti (Salvini).

Diversi anni fa, lo scrittore spagnolo Javier Marías dedicò alcune velenosissime parole a Berlusconi: la sua accattivante disinvoltura, la sua spudorata simpatia, la sua esibita spontaneità gli pareva che fossero solo il segno di un comportamento da parvenu della politica. Altro che parvenu! Si era nel 2002, e Berlusconi era già in sella al suo secondo governo. Ma soprattutto, trascorsi altri quindici anni di vita politica, dopo altri quindici anni di cadute e risalite, di vittorie e sconfitte, di processi e condanne, prescrizioni e assoluzioni, Berlusconi è riuscito a indossare ancora un’altra maschera: molto più rassicurante e affidabile di tutte quelle, molteplici, che ha indossato finora.

Dopo lo stress delle riforme istituzionali fallite, Berlusconi si sforza infatti di dare al centrodestra il profilo della forza stabilizzatrice, che può mettere in sicurezza il sistema. Gli altri strappano; lui ricuce. Gli altri si scamiciano; lui mantiene il doppiopetto. Gli altri sgomitano; lui appare il più padrone di sé.

Bisognava vederlo, nell’ultima apparizione televisiva: faccio un partito nuovo; dobbiamo andare uniti con la Lega; bisogna che ci liberiamo dalla dittatura fiscale e burocratica che opprime l’Italia. I suoi temi ci sono tutti. E poi, per non farsi mancare nulla, non vuoi che racconti di come abbia offerto la sua villa di Arcore o il suo parco di Portorotondo al regista premio Oscar Paolo Sorrentino, che ha iniziato a girare un film sul Cavaliere: altro che Caimano di Nanni Moretti! Come potrebbe Sorrentino avercela con lui, «soprattutto in un momento di aumentata popolarità»? Questo è il punto: la popolarità è aumentata, il Milan torna a comprare valanghe di calciatori (come se fosse ancora suo) e lui è di nuovo il più italiano tra gli italiani.

E intanto sono finiti i giorni in cui Berlusconi sconfitto lasciava il governo con lo spread alle stelle; finiti i giorni dei ricoveri in clinica; finiti anche i giorni dei processi e l’ignominia della condanna: quanto poi ai suoi effetti, Berlusconi spera ancora che la corte europea di Strasburgo possa dargli nuova agibilità politica, restituendogli il diritto a candidarsi alle prossime elezioni.

In questo prepotente ritorno al centro della scena conta ovviamente la difficoltà politica e strategica in cui si è trovato il partito democratico di Renzi, dopo il 4 dicembre. E conta anche l’illusione prospettica creata dal successo nelle elezioni amministrative, grazie a una legge elettorale che spingeva in direzione di una ricomposizione del centrodestra. Ma la collocazione di Forza Italia nell’area «liberale, moderata, ancorata al partito popolare europeo», forte di «valori cristiani e principi liberali», torna ad essere un’alternativa credibile a chi non vuole votare a sinistra, e non vuole neppure buttare tutto all’aria con il voto ai Cinquestelle. E siccome il proporzionale non chiede a Berlusconi di risolvere problemi di alleanze o di coalizione, si possono tenere a bagnomaria i pezzi di centro moderato che si staccano da Area popolare per costruire un’altra gamba del centrodestra, e fingere pure che lo stesso Salvini se ne farà una ragione: gira e rigira, è da Silvio che bisogna tornare.

E diciamo la verità: se Berlusconi è riuscito a fare un governo tenendo insieme la Lega secessionista di Bossi con la destra nazionale di Fini, volete che non si riesca a trovare un accordo con la Lega antieuropeista di Salvini? Se poi la cosa non dovesse riuscire, in un sistema tri- o quadri-polare, Forza Italia si troverà al centro di qualunque ipotesi di grande coalizione. Certo, per ora bisogna battere Renzi; ma poi, se (e solo se) necessario, si potrà pure fare assieme quel governo che oggi il Cavaliere giura e spergiura di non voler fare. Il partito di plastica è, insomma, il partito più malleabile che c’è oggi sul mercato.

Perfino in proiezione internazionale: parole di elogio per la Merkel, e parole di elogio per Trump. Parole di elogio per Macron e parole di elogio per Putin: trovate un solo leader di peso, nel panorama mondiale, del quale Berlusconi non si dichiari amico? Del resto, Trump è un imprenditore estraneo ai giochi della politica, proprio come lui. La Merkel è una statista nel segno del popolarismo europeo, proprio come lui; Macron ha vinto sulle macerie dei partiti, proprio come lui; Putin è amato dal suo popolo proprio come lui. Chi potrebbe unire tutti questi tratti in una sola persona? Solo Superman. E infatti sulle bancarelle sono tornate le statuine di Berlusconi con la tuta rossa e il mantello azzurro. A colpi di kryptonite, Silvio è ancora tra noi.

(Il Mattino, 23 luglio 2017)

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