Archivi del giorno: gennaio 26, 2006

Volete un esempio?

Volete un esempio del grigiore didattico dell’Enciclica papale? Sul Sole 24Ore, il commento è affidato all’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte (di Chieti, di Vasto e di Angelo Bottone, ragion per cui girerò a don Bruno qualche suo commento). Forte, uno dei migliori teologi italiani, dice: il messaggio del testo è chiaro: Dio è amore. Messaggio semplice e drammatico. Semplice perché "va dritto al cuore della rivelazione", drammatico perché ci sono resistenze, c’è l’odio, la violenza, ci sono le falsificazioni dell’amore, ecc. (Questa tinta drammatica non c’è, nel testo papale). Poi nuovo capoverso, e mons. Forte comincia così: "E’ l’annuncio di questo ‘impossibile, possibile’ amore’". Bella e vertiginosa espressione, dal forte sapore speculativo, che però non è presa dall’Enciclica. Potenza dei PC, si può subito controllare che nel testo di impossibile non c’è proprio nulla: due volte compare la parola, per dire senza strane complicazioni che la proposta cristiana non è impossibile.

(Forte non intende ovviamente dire che l’amore cristiano è impossibile, e poi contraddirsi per dire che invece è possibile, ma neanche intende usare una mera figura retorica. Quella espressione ci dice qualcosa dell’eccesso dell’amore, che nell’esposizione papale non c’è. Ed è tutto più grigio).

(Poi Forte celebra Ratzinger finisssimo uomo di cultura, perché cita Nietzsche. Però un finissimo uomo di cultura non cita Descartes prendendo l’edizione Cousin che ha in studio, anche se è vecchia di quasi duecento anni, anche se è uscita da cent’anni una grande edizione critica (poi rinnovata). Io in verità penso che Ratzinger sia un finissimo uomo di cultura: "se ne percepisce l’eco". Ma è un’eco lontana, perché Ratzinger mi appare un uomo stanco. Determinato, colto, intelliente. E stanco).

Ancora sull'Enciclica

Ma è tutta la prima parte dell’Enciclica, quella che, a detta dell’estensore, ha un "indole più speculativa", che è molto deludente. E non perché c’è l’eros degradato a puro sesso (che anzi, ha ragione chi ha scritto oggi che va apprezzato il fatto che qui si parla dell’amore carnale senza mettere in primo piano le proibizioni), e nemmeno perché non ci sono novità (che è un criterio assai poco appropriato, per discutere di un testo del genere), ma perché di speculativo non c’è proprio nulla. (Quasi nulla, va). Questo testo non ha un’indole speculativa,  a me pare, ma didattica. Sistema le cose, più che pensarle. Ma spero di riuscire a parlarne su Leftwing, lunedì prossimo.

(Intanto, sul Corriere, Severino dice che ad uscirne vincitrice nello scontro tra tradizione cristiana e filosofia contemporanea è la seconda. Ne esce verso dove?, domanderebbe un cristiano, ma intanto è champions league).

Ancora sul puro sesso

Ci sarebbe da dire dell’Enciclica. Che ha la frase che preoccupava Ffdes ("Ma il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L’eros degradato a puro « sesso » diventa merce, una semplice « cosa » che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce"), però non è così preoccupante come si temeva. Mi pare infatti che non dica (oppure: si può fare come se non dicesse) che l’eros senza l’agape è degradato a puro sesso, ma che dica (o si può fare come se dicesse) che il modo di esaltare il corpo a cui oggi assistiamo degrada l’eros a puro sesso. Che poi l’amore non è vero amore se non è cristiano, mi pare che sia il minimo sindacale da pensarsi, se si è un Papa. Ma l’una e l’latra affermazion insieme non fanno (o almeno: non fanno immediatamente) quella di cui s’è discusso, che cioè l’eros senza agape è degradato a puro sesso.

Resta però che il puro sesso (che credo significhi qualcosa come un lasciarsi sopraffare dall’istintto) è una degradazione. (Ma ci tornerò, spero).

 

La consulenza filosofica

Domani, a Pisa, iniziano in pompa ed aula magna. Un parere (non accademico) su questo inizio.