Archivi del giorno: settembre 9, 2005

La gioia del pensiero/2

"accumulata in massa densissima e con velocità esponenziale, la ricchezza d’Occidente accresce la propria forza d’attrazione, così come nei corpi stellari la crescita della massa fa aumentare la forza di gravità. Più ingrandisce la massa, più l’orizzonte si fa prossimo e invalicabile – fino ad arrivare alla trappola dei buchi neri []. La mancanza di felicità è oggi l’orizzonte stesso degli eventi, un bordo curvo oltre il quale la luce del comfort non riesce ad andare, mentre le stelle seguono strane traiettorie apparenti nella volta celeste e non possono più essere raggiunte.

"Non è cosa degli ultimi anni soltanto. Il vuoto di felicità è visibile in filigrana negli ultimi due secoli di storia: la felicità diserta l’arte, la gioia abbandona la musica, la speranza sparisce dalla letteratura" (S. Consigliere, Sul piacere e sul dolore. Sintomi della mancanza di felicità, DeriveApprodi 2004).

Come dice la legge

"La domanda se una scuola islamica possa diventare paritaria è legittima, la risposta è semplice. Sì, lo può diventare se, come dice la legge sulla parità scolastica, tale scuola ha un progetto educativo in armonia con i princípi della Costituzione, ha un piano dell’offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attesta la titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; istituisce organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; garantisce l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l’iscrizione alla classe che essi intendono frequentare, applica le norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; ha personale docente fornito del titolo di abilitazione; assicura contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore. Quindi, senza perdersi in lunghe quanto sterili discussioni sui principi, laddove una scuola islamica chiedesse la parità scolastica si vada a verificare se si attiene a tutte e quante queste regole. Del resto è solo in questo modo che si potrà evitare di dare corso legale a scuole che fanno di tutto fuorché educare e istruire!" (G. Mereghetti, a proposito della chiusura della scuola islamica di via Quaranta. Il parere citato si trova qui, insieme alla lettera del Sindaco Albertini al Corriere e alla replica di Magdi Allam).

Ovviamente, io non so se in via Quaranta si faccia di tutto fuorché, ma il parere è per il resto condivisibile. 

(A proposito, lo storico liceo parificato della Badia di Cava de’ Tirreni è a rischio chiusura. Leggo che andrebbe avanti se i professori accettassero di prendere meno. Beh, l’anno scorso in quella scuola insegnava almeno un docente che prendeva decisamente meno di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di settore. Non so cosa pensare). 
 

Meticciati

"L’immigrazione musulmana rappresenta un vantaggio per il benessere collettivo. Si avvantaggia l’immigrato, che trova lavoro e condizioni di vita più soddisfacenti di quelle di origine. E si avvantaggia il cittadino italiano, che trasferisce ad altri lavori che egli non desidera più, e gode di benefici, ad esempio diritti e servizi sociali, grazie anche a risorse prodotte dagli immigrati"

"…i musulmani moderati esistono e molto hanno da offrire agli Stati democratici. Anche all’Italia. Dando ad essi fiducia, noi confermiamo al contempo la nostra fiducia nei valori della società aperta. Quanto più saremo rispettosi dei diritti dei singoli e delle minoranze, tanto più potremo essere intransigenti con gli estremisti e tanto più gli immigrati di religione islamica apprezzeranno i vantaggi della nostra civiltà e saranno riconoscenti al Paese che li ospita, li accoglie e garantisce loro diritti e libertà spesso conculcati nei loro Paesi di origine. Il rispetto – il rispetto cercato, e poi fissato, garantito, a sua volta rispettato e fatto rispettare – favorisce la crescita comune e reca vantaggi a tutti" (M. Pera, 11 febbraio 2003).  

Io però

D’accordo, ho sbagliato. Io però mi chiedo se l’Italia ce la farebbe, se il sistema-paese reggerebbe, se la sua economia, il sistema dei trasporti, la catena distributiva in Italia reggerebbero alla comune decisione di automobilisti e camionisti e conducenti di pullman, bus e di ogni genere di automezzo, di rispettare tassativamente i limiti di velocità esistenti sulle reti stradali e autostradali italiani.

(Sì, insomma, ho beccato una multa. Andavo a 102 km/h, e il limite era novanta. Cioè, dico: meritavo un premio!)

E già che ci sono, io però mi chiedo pure se una multa per un eccesso di 12 km/h possa fagocitarsi circa un nono dello stipendio mensile. Mi chiedo cioè: ma io posso permettermi di beccarmi una multa? E quanti se lo possono permettere? E se tutti quelli che non se lo possono permettere rispettassero tassativamente eccetera, il paese, i trasporti eccetera reggerebbero?