Ipse dixit/Ipsi dicunt

Attentati di Londra e guerra in Iraq. JimMomo dice che l’articolo di ab (‘ab’ è per me una sigla misteriosa) apparso su Il Foglio (Dice D’Alema) non dice proprio quel che dice D’Alema (benché i virgolettati siano quelli). Poiché a lui D’Alema ha detto un’altra cosa – e dell’altro ancora avrebbe detto alla Festa dell’Unità (non detto da ab). Ma quel che ha detto D’Alema è quel che aveva detto il 3 maggio, alla Fondazione ItalianiEuropei. Solo che su quel che aveva detto, c’è chi dice, come anche dice JimMomo che era una svolta neo-con, e chi dice che no.

Non so cosa dire. (Però sì: una cosa la so. Se la guerra in Iraq sia stata un errore – e io credo lo sia stata – ciò non lo dimostra l’attentato di Londra né un eventuale ulteriore attentato, e forse qui parzialmente dissento dal mio direttore di riferimento. Ma l’onere della prova tocca a chi la guerra l’ha condotta, e qui torno a concordare con il mio direttore di riferimento).

12 risposte a “Ipse dixit/Ipsi dicunt

  1. Io spero sinceramente che D’Alema non abbia pronunciato realmente una così evidente sfilza di bestialità (mi riferisco a quanto espresso nell’articolo de Il Foglio).

  2. Quel che ha detto D’Alema alla Festa dell’Unità NON E’ quel che aveva detto il 3 maggio, alla Fondazione ItalianiEuropei.

    Ma non c’entra la contrarietà alla guerra in Iraq. Ed è chiaro che quanto ha detto il 3 maggio non significava che fosse diventato neocon, per carità.

    Dei discorsi alla Festa dell’Unità la sera degli attentati gli rimprovero l’assenza di due concetti espressi invece il 3 maggio. Ha rinunciato ad affrontare con la platea il tabù dell’uso dellla forza; è tornato su vecchie letture della politica estera americana: non ha spiegato alla gente ciò che lui stesso aveva spiegato il 3 maggio, quando aveva riconosciuto nella democratizzazione del Medio Oriente l’obiettivo americano e neocon aggiungendo che l’idea era buona e la sinistra doveva raccogliere la sfida. Ovviamente ciò non significa che debba essere d’accordo con le politiche di Bush, ma dire a gente che è ferma alle bandiere della pace e all’anti-americanismo come stanno le cose era comunque esercizio utile e onesto.

    ciao,
    JimMomo

  3. Qualche ulteriore precisazione:
    1) Ovvio che quella di D’Alema il 3 maggio non fu una svolta neocon. Solo che diede una lettura finalmente senza pregiudizi sull’uso della forza e la politica di Bush. Solo che l’altra sera è tornato ai vecchi pregiudizi.

    2) Neanche io so chi è ab, se no avrei scritto diversamente.

    3) Al Foglio conveniva dare quella lettura per contrapporre D’Alema a Prodi. So bene che D’Alema è ben diverso da Prodi, ma a quell’incontro si è totalmente allineato alla linea di Prodi perché lo scopo della sua presenza era ribadire: “La candidatura a premier dei Ds è Prodi”.

    4) Di effetti positivi avuti dalla guerra in Iraq se ne possono citare parecchi. Di buoni motivi per farla ce sono altrettanti. Chi fu a favore dell’intervento ha il dovere di elencarli (lo ri-farò presto), ma chi fu contrario anche ha il dovere di dirci il perché, senza nascondersi dietro l'”onere della prova”.

    Intanto, mi segno che gli attentati NON dimostrano che sia stato un errore.
    ciao,
    JimMomo

  4. Su un punto, il post non è chiaro (a volte il divertimento mi prende la mano): non volevo dire che tu sostieni che quel che ha detto alll Festa è il medesimo che ha detto il 3 maggio (che è proprio l’oposto di quello che tu sostieni, e giustamente precisi). Volevo invece dire che quella è secondo te la sostanza del suo pensiero (che il Foglio ha tenuto a sceverare, e che secondo te invece D’Alema ha annacquato o occultato alla Festa).

  5. Non mi nascondo dietro l’onere della prova. Semplicemente, quando si fa una guerra si dice perché la si fa, mentre non si dice tutte le volte che non si fa una guerra perché non la si fa. Ciò detto, visto che prometti un post, attendo il post.
    Ciao

  6. Perché si è fatta? Tre motivi, citati da Bush e Blair da sempre, anche se non con la medesima forza a causa della battaglia burocratica all’Onu

    1) Armi di distruzione di massa. Non c’erano, ma c’erano i programmi di riarmo e l’accordo sottobanco con Russia e Francia per indebolire o rimuovere le sanzioni.

    2) Legami con Al Qaeda. C’erano.
    2 bis) evitare che le risorse petrolifere del paese finissero nelle mani di un’alleanza Saddam-Bin Laden, contatti che proseguirono fin dal 1992.

    3) Avvio con uno shock della democratizzazione in Medio Oriente. Se l’Iraq potrà essere da esempio ancora non lo possiamo dire, ma proprio perché ancora è tutto in gioco – sconfitta o vittoria – tutti dovrebbero impegnarsi per il successo del processo politico.

    Il post: http://jimmomo.blogspot.com/2005/07/global-war-on-terrorism2-liraq-il.html

    ciao,
    JimMomo

  7. utente anonimo

    Io, che peraltro sono favorevole a questa guerra, e che la ritengo giusta ma non certo per le ragioni che lei elenca, ritengo che di fronte ad argomenti tanti sofistic(at)i si debbano tirare le debite conclusioni. In primis, l’attacco prossimo nei confronti del Pakistan (in quanto soddisfa le tre condizioni succitate), e poi degli altri paesi a seguire, sempre al fine di generare il massimo shock di democratizzazione, tanto in Medio Oriente, quanto in Africa e così via (non vorremo mica essere discriminatori?).
    Quanto poi alla tesi secondo cui gli americani (e gli inglesi, sebbene mi sia ormai difficile scorgere la linea di demarcazione) siano stati mossi da una volontà politica illuminata nel predisporre l’attacco all’Iraq, mentre Francia, Germania e Russia abbiano fatto ostruzionismo per ragioni strategiche, tale manicheismo che scinde così nettamente tra buoni e cattivi mi sembra un po’ bizzarro in questa sede. Non intendo dire che anche gli americani siano cattivi, poiché in realtà avevano di mira secondi fini di carattere strategico. Semplicemente, che c’è di strano nel fatto che uno stato indipendente e autosufficiente decida di impegnare le proprie risorse (umane e non) in un conflitto armato a partire da considerazioni di carattere politico (soprattutto) e economico? Se non sulla base di interessi strategici, su quale base?

    fedka

  8. Faccio sommessamente notare che i tre punti individuati da JimMomo non sono una sua fantasia, ma quanto dichiarato – come egli nota – da Bush e Blair.
    E che il punto 3, la democratizzazione del MO, non un è un progetto filantropico, ma una necessità in primo luogo per gli Stati Uniti e l’Occidente, visto che in MO nascono e si arricchiscono movimenti che mirano a distruggere l’Occidente stesso.
    Il discorso sulla democratizzazione dell’Africa, quindi, anche se importante, segue diverse logiche ed esigenze diverse.

    Infine, non è “soprattutto economico” l’interesse degli americani in MO: è geopolitico e strategico. Il controllo delle fonti petrolifere è in primo luogo un’esigenza strategica: il petrolio iracheno nelle mani di bin Laden sarebbe stato (ed è) un pericolo troppo grande. Questo è più importante del fatto che agli americani il petrolio serva.
    E’ poi ovvio che non si scontrano una visione illumnata, anglo-americana o franco-russo-tedesca, contro i calcoli meschini degli altri. Ma questo andrebbe spiegato soprattutto ai pacifisti, perché buona parte del fronte pro-guerra è piuttosto realista.
    Sul fatto che uno Stato indipendente possa utilizzare come meglio crede le proprie risorse umane ed economiche non sono in toto d’accordo. Gli Stati Uniti e l’Inghilterra fanno infatti parte di organizzazioni sovranazionali e c’è un diritto internazionale da loro sottoscritto. Il punto è un altro: cosa deve fare uno Stato indipendente ma membro di un’organizzazione sovranazionale come l’ONU quando ritiene che non si faccia abbastanza per la sicurezza? Il diritto internazionale e l’ONU, che ne è l’alfiere, non hanno impedito alcuni dei più terribili genocidi degli ultimi cinquant’anni. E non hanno, come del resto non ha fatto l’Europa, indicato una via pragmatica per affrontare il terrorismo islamico. Su questo c’è da riflettere.

    Saluti,
    herakleitos

  9. Trovo le considerazioni di her. molto ragionevoli (caro malandrinissimo sesto, se leggi questi commenti, dai pure dello scoppiato a me). Trovo pure però che Her si domanda cosa diavolo debba fare uno Stato che..? Io sto alla domanda. Nel post cui rinvia JimMomo (che trovo un po’ meno condivisibile) si dice fra l’altro che la guerra era evitabile.
    Se una guerra è evitabile, vuol dire che farla è un errore. (Altra cosa è: di chi è l’errore).

  10. utente anonimo

    Forse non era chiaro, ho scritto: «considerazioni di carattere politico (soprattutto)», cioè il “soprattutto” è riferito a politico e non ad economico. Così come l’ha impostato lei, il discorso mi sembra di gran lunga più accettabile. Resta il fatto che non si è intervenuti per impedire genocidi, ma per interessi appunto strategici. E un giorno lo si dovrà fare anche in Africa, sempre per ragioni tutt’altro che filantropiche.
    Fortunatamente ci sono anche persone che le cose le dicono chiare e tonde. Grazie.
    Mi si perdoni il precedente post dall’intento puramente polemico (le scuse s’intende anche per colui contro il quale la polemica era rivolta).

    fedka

  11. Se la guerra era evitabile, significa che non era necessaria. Quindi, non andava fatta, perché gli interventi militari si fanno quando sono necessari. Ma era evitabile la guerra al regime di Saddam? Sì, se si pensa che di regimi al mondo ce ne sono tanti e che, in fondo, Saddam aveva solo dei progetti e non le armi di distruzione di massa. No, se si pensa che l’Iraq (governato da un assassino di massa) fosse l’anello debole da sfruttare per innescare una democrazia “effetto domino” (postulato, ovviamente, che la democrazia in MO è un bene per tutti).
    Ognuno dica la sua, naturalmente. Ma non si dica – come si dice – che il caos attuale (che comunque andrebbe meglio definito e analizzato) dimostra che la guerra è stato un errore. Un conto è una guerra errata, un conto è una guerra corretta piena di errori.

    Saluti,
    her.

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